Macrino d’Alba

Macrino d’Alba

La vita e le opere

Macrino apparteneva alla famiglia dei de Alladio ed era nato ad Alba verso il 1460; molti esponenti di questa famiglia compaiono in documenti della storia di Alba del 1400 e del 1500.
Poco sappiamo della sua preparazione artistica, ma è ormai certo che accompagnando il vescovo Andrea Novelli a Roma, venne in contatto con la pittura del Pinturicchio, la sua prima opera conosciuta ed a lui attribuita è la Madonna col Bambino in trono ed i santi Nicola e Martino di Tours, conservata nella Pinacoteca Capitolina di Roma e databile verso il 1492. Tornato ad Alba, ebbe come committenti i marchesi di Monferrato, ordini religiosi e privati cittadini che gli commissionarono diverse opere.
Quando il Macrino firma nel 1501 la tavola della Vergine incoronata, custodita nell’Aula consigliare del Palazzo Comunale, la città di Alba stava conoscendo un periodo fecondo per le arti e le lettere; era tornata la pace dopo le guerre estenuanti tra i vari principi per il possesso del basso Piemonte. Si completavano gli affreschi della chiesa di San Domenico e della Chiesa di San Francesco; il Vescovo Novelli aveva rinnovato la cattedrale ed il coro intarsiato suscitava ammirazione e stupore; la famiglia dei Serralonga svolgeva importanti missioni per i Marchesi di Monferrato, dedicandosi alla raccolta di codici e pergamene, Paolo Cerrato componeva i suoi carmi in versi latini ed erano appena nati Pietrino Belli e Jacopo Mandelli.
Macrino è stato un pittore eminentemente eclettico e straordinario assimilatore di tendenze estetiche che si erano sviluppate a Roma ed in Toscana che hanno dato vita al nostro Rinascimento.

Oltre alla tavola conservata nel Palazzo Comunale, sono del Macrino la pala d’altare custodita nella Chiesa di San Giovanni di Alba e quella dello Sposalizio mistico di Santa Caterina, situata nella chiesa parrocchiale di Neviglie.
Altre opere del Macrino sono conservate nella Galleria Sabauda di Torino, nel vescovado di Tortona, nella Certosa di Pavia, nel Santuario di Crea ed in molti Musei e collezioni private.
Macrino venne ricordato per la prima volta ad Alba nel 1935 con una mostra delle sue opere effettuata nella Sala Consigliare del Palazzo comunale e con una monografia curata dall’architetto Giovanni Oreste Dellapiana. Recentemente, la figura del Macrino è stata studiata ed approfondita da Edoardo Villata e la Fondazione Ferrero ha dedicato al pittore albese un’importante e documentata mostra nel 2001 con il catalogo Macrino d’Alba, protagonista del Rinascimento piemontese, a cura di Giovanni Romano.

 

Biografia

1470 circa: Gian Giacomo de Alladio nasce ad Alba da Giovanni Antonio, di professione notaio. Verrà soprannominato “Macrino” forse per il suo fisico esile e minuto, anche se non ci sono certezze in merito.
Anni ’80: verso la fine del decennio soggiorna a Roma studiando le opere dei diversi maestri attivi all’epoca in città: Pinturicchio, Sandro Botticelli, Perugino, Ghirlandaio.
1492 circa: esegue la sua prima opera nota, la Madonna col Bambino e i santi Nicola e Martino.
1495: dipinge il Trittico con Madonna col bambino e santi ora a Palazzo Madama: si tratta della prima opera sicura, datata e firmata. Nello stesso anno è attestato a Pavia.
1496: per la Certosa di Pavia realizza un polittico con Madonna col Bambino e santi.
1498: è di nuovo in Piemonte dove lavora per la Certosa di Valmanera.
1499: dipinge il Polittico di Lucedio.
1502: torna a Pavia dove lavora di nuovo per la Certosa.
1503: dipinge i ritratti di Guglielmo IX Paleologo, marchese del Monferrato, e della moglie Anna d’Alençon.
1505: per il vescovo di Mondovì, Amedeo di Romagnano, realizza una Madonna in adorazione del Bambino per la cappella di San Solutore nel Duomo di Torino. L’opera oggi è conservata presso la Galleria Sabauda di Torino e fu realizzata sul modello della Madonna in adorazione eseguita due anni prima e attualmente conservata a El Paso in Texas.
1508: esegue la Pala di San Giovanni per l’omonima chiesa di Alba.
1513: risale a quest’anno l’ultima opera importante di Macrino d’Alba, il Matrimonio mistico di santa Caterina, mentre è dello stesso anno la sua ultima opera nota, una Madonna col Bambino conservata in collezione privata.
1526 circa: il pittore si spegne ad Alba.

 

Opere

Autoritratto (1495; Torino, Museo Civico di Palazzo Madama)
Trittico con Madonna col Bambino e Santi (1495; Torino, Museo Civico di Palazzo Madama)
Madonna con Bambino, san Nicola e san Martino (1493 ca.; Roma, Pinacoteca Capitolina)
Madonna con Bambino e santi (1498; Torino, Galleria Sabauda)
Polittico dell’Immacolata Concezione (1494 ca.; Francoforte, Städel Museum)
Polittico della Certosa di Pavia (1496, Certosa)
Polittico di Lucedio (1499; Tortona, Palazzo Vescovile)
Madonna con Bambino e santi (1501; Alba, Palazzo Comunale)
Madonna in Adorazione del Bambino (1505; Torino, Galleria Sabauda)
Madonna in Adorazione del Bambino (1503; Serralunga di Crea, Santuario)

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Madonna in Adorazione del Bambino (1503 ca.; El Paso, Museum of Art)
Polittico di san Francesco: pannello centrale (1506; Torino, Galleria Sabauda)
Pala di San Giovanni (1508; Alba, San Giovanni)
Sant’Ambrogio e san Gregorio Magno (1508 ca.; Torino, Galleria Sabauda)
Ritratto di Guglielmo IX (1503 ca.; Serralunga di Crea, Santuario)
Ritratto di Anna di Alençon (1503 ca.; Serralunga di Crea, Santuario)

Anna d'Alencon Serralunga di Crea

Matrimonio mistico di santa Caterina (1513; Neviglie, chiesa di San Giorgio )

 

La pala di san Giovanni ad Alba

Ad Alba, nella chiesa di San Giovanni Battista, si trova una delle pale d’altare più importanti di Macrino d’Alba, l’Adorazione del Bambino, ma nello stesso edificio è possibile ammirare un’altra affascinante opera la cui attribuzione è però dibattuta: la Madonna col Bambino tra sant’Agostino e santa Lucia.

Un uso familiare tipico dell’epoca in cui visse Gian Giacomo de Alladio, quello di ridurre in nomignoli i difetti di un corpo “smunto, magro ed esile” tanto che egli si guadagnò il soprannome di Macrino.
E proprio là, ad Alba, dove il pittore nacque nel lontano 1470, la chiesa di San Giovanni Battista conserva ancora oggi una delle sue più belle opere, dove la monumentalità di una possente architettura rinascimentale inquadra la scena religiosa che si presenta agli occhi dell’osservatore.

Su di un alto basamento, la Vergine ci appare seduta in trono con in braccio il suo bambino in un’atmosfera calma e pausata dove una mirabile dolcezza chiaroscurale fonde ogni elemento con la natura ed il paesaggio retrostante.
Il suo volto, leggermente inclinato ed impreziosito da un’aureola dorata in ricordo della sua natura umana e divina, è portavoce di un messaggio universale, nel totale adempimento della volontà di Dio creatore.
Piccolo ed esile il Bambin Gesù che in braccio alla madre allunga il suo braccino destro fino a toccare le pagine di un libro che sant’Agostino gli rivolge con devozione ed amore.
Il santo possiede i consueti attributi vescovili e si rivolge al Salvatore con il suo cuore pieno di fede in atteggiamento umile e sereno insieme alla discreta presenza, sul lato opposto, di una santa il cui capo, velato di bianco e circondato da un’aureola dorata fa luce sul severo abito scuro che ella indossa.

Raffinato esponente del rinascimento piemontese, Macrino d’Alba fu portavoce di grafie descrittive tipicamente quattrocentesche che donano a tale composizione un tessuto cromatico ricco e delicato.
Attingendo in modo eclettico all’arte dell’Italia centrale, egli crea un solenne impianto compositivo che ospita le sacre figure descritte con minuziosa severità narrativa. Intelligente ed eclettico, catturò con furbizia le tendenze artistiche che ebbe modo di veder fiorire sotto i suoi occhi durante un percorso artistico che partorì opere spesso recanti la dicitura “Pictor Macrinus natus in Alba” come testimonia il celebre polittico di Lucedio.

E se le opere di Macrino risplendono di mille colori, le parole d’ammirazione di Paolo Cerrato risuonano nei versi del suo De Virginitate:

Extremi subeunt: nonùmque feruntur in orbem
Angelici super astra chori: quis laetior aetas
Virgineos fingit vultus: atque ora venusta:
Quorum etiam in tenera laudares virgine formam.
Nudi omnes: rutilique comas: alisque coruscis
Tecti humeros: tales olim finxisse perennem
Macrini memini dextram: dum vita maneret.

(testo di Ambra Grieco)

L’Incoronata

Alba, Palazzo Comunale

Madonna con il Bambino, San Francesco, Tommaso d’Aquino, due donatrici, Angeli che reggono una corona, Angeli musicanti, 1501, tempera su tavola

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Nel dipinto compare la Madonna seduta in trono, voltata verso sinistra, mentre tiene un libro nella mano sinistra e con l’altra mano sostiene il Bambino; questo è nudo seduto sul ginocchio destro, benedice con la destra e tiene un frutto nell’altra mano; due angeli vestiti depongono una corona sul capo della Vergine, mentre due angeli nudi seduti sul gradino del trono suonano e cantano. A destra troviamo una donna anziana inginocchiata, presentata da san Tommaso d’Aquino, il quale regge un modello di una chiesa appoggiato su di un libro; a sinistra un’altra donna più giovane, sempre inginocchiata, è presentata da San Francesco d’Assisi. Sul gradino del trono vi è un cartello con la firma e la data Macrinus faciebat 1501. La tavola attualmente si trova nel salone consiliare del Municipio di Alba, dove probabilmente è custodita dal 1822, ma non se ne conosce l’originaria collocazione e neppure la committenza, anche se è ipotizzabile una commissione importante data la ricchezza degli abiti e dei gioielli e la solennità della presentazione delle due donatrici, che potrebbero appartenere alla famiglia dei Paleologi, proprio quest’ impostazione così aristocratica è infatti confrontabile con la presentazione di Annibale Paleologo nel dipinto per l’Abbazia di Lucedio. Se quest’ipotesi si rivelasse fondata, la committenza di quest’opera potrebbe essere letta come la volontà politica di creare uno stile paleologo da diffondere nei centri di dominio, si pensi ad esempio al precedente della commissione del Marchese Gugliemo VII del sepolcro per la beata Margherita di Savoia nel 1481 per il Monastero di Santa Maria Maddalena, luogo emblematico nella città di Alba del potere paleologo.

Lo storico Cavalcaselle accenna ad una iniziale ubicazione di questa tavola nella chiesa di San Francesco, ed effettivamente il Santo si trova alla destra della Madonna cioè in una posizione preminente, anche se la presenza di due donne (forse madre e figlia) si spiegherebbe meglio pensando ad un convento femminile e farebbe pensare alla chiesa di Santa Chiara, proprietà del convento di monache francescane. Si potrebbe anche pensare ad una destinazione domenicana per la presenza del San Tommaso D’Aquino, tanto più che alla metà del Settecento é documentato un altare dedicato a San Tommaso nella chiesa di San Domenico ad Alba; ma il modellino retto dal santo domenicano si riferisce semplicemente ad una generica chiesa e sta ad indicare l’attributo di San Tommaso quale dottore della Chiesa, senza rinviare necessariamente ad una determinata chiesa. Il gruppo della Madonna con Bambino e angeli risulta identico a quello che si vede nel polittico dell’Abbazia di Lucedio, infatti Macrino riutilizza gli stessi cartoni; delle somiglianze si possono anche ravvisare fra la figura del San Francesco che presenta la donatrice e il San Bernardo che presenta Annibale Paleologo, invece il San Tommaso d’Aquino si potrebbe ricollegare allo stesso santo dipinto nel trittico del Museo Civico di Torino. Il dipinto di Alba è risolto in uno spazio unificato, affollato di figure disposte secondo una rigorosa simmetria, che non permette una profondità d’immagine e il dispiegarsi di un paesaggio, come di consueto nelle opere dell’albese. Questo spazio chiuso e gremito viene riscattato da un uso virtuosistico del colore, tipico delle opere degli anni di maggior fortuna, che crea effetti vitrei e smaltati attraverso la sua lucentezza ed astrae i personaggi da un contesto naturalistico e li immerge in uno contesto silenzioso e atemporale, degno della ieracità dei personaggi.

(tratto dal sito http://www.centrostudibeppefenoglio.it)

 

Lo sposalizio mistico di Santa Caterina

Neviglie, Parrocchiale di San Giorgio, Sposalizio mistico di Santa Caterina e i santi Giovanni Battista, Francesco, Gerolamo, Vincenzo Ferreri e Maddalena, 1513, tempera su tavola

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Il Bambino Gesù, disteso in grembo sulla madre, si volge verso sinistra per infilare al dito l’anello da sposa a Santa Caterina, la quale é rappresentata in piedi con una mano appoggiata alla ruota dentata, simbolo del supplizio a cui fu sottoposta, sempre in piedi sullo stesso lato troviamo San Giovanni Battista in ginocchio e San Vincenzo Ferreri in piedi. A destra sono rappresentati San Francesco e San Gerolamo in piedi e Maria Maddalena inginocchiata. L’opera è citata da una fonte di fine Settecento su di un altare dedicato alla Madonna del Rosario di patronato dei Marchesi Busca nella chiesa di San Giorgio a Neviglie, dove tuttora è custodita, ma nonostante questa collocazione non si hanno notizie certe sulla committenza. Fleres fu il primo nel 1897 a proporre l’attribuzione a Macrino, proponendo una datazione successiva al 1508, anno del dipinto in San Giovanni ad Alba a cui si può accostare per la luminosità diffusa e morbida e per il disegno addolcito nelle forme dalle precedenti legnosità, mentre Villata, negli ultimi studi effettuati sul pittore, posticipa la datazione all’ultima e involutiva fase della carriera di Macrino. Ancora una volta troviamo il riutilizzo di cartoni di opere precedenti, come per la figura del Bambino, ripresa dalla pala capitolina del 1492, una delle prime opere del pittore. Nello sfondo sono del tutto assenti i riferimenti alle antichità classiche, ma soprattutto manca la creazione di uno spazio nel quale far muovere i personaggi, i quali appaiono come sagome bidimensionali giustapposte una all’altra. Un elemento di regresso è sicuramente riscontrabile nel baldacchino che dovrebbe essere alle spalle della Vergine ed al contrario si trova decisamente arretrato, la Vergine sembrerebbe in piedi, ma un’osservazione più attenta rivela delle sottili nuvole a fare da seggio. Un’impostazione decisamente poco curata, se confrontata con l’impegno prospettico sfoderato in altre occasioni, come, ad esempio, il dipinto del 1498. Queste imperfezioni vengono riscattate da altri particolari di assoluta finezza come il volto della Santa Caterina, definito da soffusi passaggi di luce e la figura del San Gerolamo, con il raffinato dettaglio della mano che regge il sasso; gli altri santi rimangono ad un livello inferiore, in particolare il San Francesco, decisamente scialbo, potrebbe essere opera di un pittore già attivo nella bottega di Macrino per il polittico del 1506 della Galleria Sabauda.

(tratto dal sito http://www.centrostudibeppefenoglio.it)

 

Bibliografia

E.Villata, Macrino d’Alba, Editrice Artistica Piemontese, Savigliano, 2000.
G. Romano, (a cura di), Macrino d’Alba, protagonista del Rinascimento piemontese, catalogo della mostra promossa dalla Fondazione Ferrero (Alba, 20 ottobre-9 dicembre 2001), Editrice Artistica Piemontese, Savigliano, 2001

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