Gandolfino da Roreto

Figlio del pittore Giovanni, appartenne a una famiglia con tutta probabilità stabilmente radicata ad Asti dall’inizio del Quattrocento, nonostante il toponimo Roreto faccia riferimento a un borgo vicino a Bra. Il nonno, omonimo dell’artista, risulta documentato ad Asti già nel 1407.

L’unica opera di Giovanni di cui si ha notizia indiretta si trovava in una chiesa astigiana: il 13 giugno 1462 il generale dell’Ordine dei crociferi approvava, infatti, una vendita fatta dal priore del convento astigiano di S. Marco al fine di ultimare un pagamento di 32 ducati d’oro per un polittico eseguito dal pittore. Lo stesso artista compariva poi nel 1470 accanto alla madre, Verdina Pelletta, quando questa vendeva alla certosa di Asti una parte della casa da lei posseduta nell’attuale piazza S. Secondo. L’appartenenza della nonna di G. alla nobile famiglia astigiana dei Pelletta fu sicuramente importante: a molti anni di distanza padre e figlio sono infatti detti “de Roreto alias de Verdina“.

Non è nota la data di nascita di Gandolfino: la prima data certa nella sua produzione è quella del 1493 segnata, insieme con la sua firma, sul polittico con l’Assunzione della Vergine (Torino, Galleria Sabauda), proveniente dalla chiesa di S. Francesco ad Alba. Si tratta dell’opera che ha ricevuto la più precoce attenzione da parte della critica e che ha permesso di individuare le radici culturali dell’artista nell’ambito della produzione ligure e provenzale, vicina a Ludovico Brea. Accanto a questo polittico, forse in data di poco anteriore, va collocata la tavola con la Madonna Annunciata (sul retro Simboli della Passione) oggi nel convento della Ss. Annunziata di Portoria a Genova.

Intorno alla fine dell’ultimo decennio del Quattrocento, Gandolfino sembra avvicinarsi alla cultura rinascimentale lombarda: nella tavola con la Presentazione al tempio e nella Madonna in trono con il Bambino e santi, situata nel coro della chiesa di S. Maria Nuova ad Asti (databile intorno al 1498), lo spazio prospettico appare unificato e particolare attenzione è data ai motivi decorativi, specialmente nelle architetture. A questo stesso lasso di tempo appartengono la Madonna col Bambino, datata 1499, già nella collezione Wharton e la tavola di soggetto analogo, datata 1500, posta nella chiesa del monastero di S. Maria della Visitazione a Milano.

Al 1501 risale una delle opere più importanti dell’artista, il grande polittico con la Genealogia della Vergine e santi realizzato per l’altare della famiglia Pelletta nel duomo di Asti dove ancora è situato, pur ricomposto all’interno di un altare ligneo barocco.

Genealogia della Vergine_Asti

L’iconografia della genealogia della Vergine sembra essere uno dei caratteri più tipici della produzione dell’artista come si può vedere nella splendida tavola del Museo civico d’arte antica di Torino, oppure in opere successive quali il polittico della chiesa di S. Antonio a Casale Monferrato (proveniente dal distrutto convento francescano di S. Maria degli Angeli), o il polittico conservato nella parrocchiale dell’Assunta a Grignasco, databili con buona probabilità intorno al secondo decennio del Cinquecento.

Nel 1507 risulta un pagamento all’artista di 6 ducati da parte del capitolo della cattedrale di Asti “pro pictura capelle sancte Elene” della quale, tuttavia, non è rimasta traccia.

Verso la fine del primo decennio del Cinquecento è possibile individuare un progressivo aggiornamento del pittore sui dati della nuova cultura pittorica cremonese incentrata, in particolare, intorno alla figura di Boccaccio Boccaccino: ne sono un esempio la tavola con la Madonna in gloria del Museo civico di Torino, vicina alla tavola di Grignasco, e quella con la Madonna adorata da devoti. Il legame con l’ambiente cremonese è verificabile anche grazie a una lettera indirizzata a Gandolfino nel 1510 dal fratello Placido, monaco presso il convento di S. Pietro a Savigliano, il quale, per conto della Confraternita di S. Maria del Sepolcro, lo sollecitava a consegnare nel tempo stabilito un’opera. A tale richiesta G. rispondeva che motivo del ritardo era il mancato arrivo in Asti di alcuni maestri d’intaglio cremonesi collaboratori della bottega di Paolo Sacca: si tratta della stessa bottega che aveva realizzato tra il 1494 e il 1496 il coro intarsiato nella certosa di Asti. La stessa fonte permette comunque di confermare che in più occasioni Gandolfino aveva lavorato per chiese di Savigliano, almeno a partire dal grande polittico con Madonna col Bambino, Annunciazione, Pietà e santi conservato, insieme con la cornice dalla sontuosa struttura architettonica, nella chiesa di S. Pietro a Savigliano. Quest’opera, eseguita con ogni probabilità nei primi anni del Cinquecento, non ha tuttavia alcuna relazione con il carteggio citato.

Pur con una cronologia che stenta a trovare punti di riferimento sicuri, alcuni importanti polittici di Gandolfino dimostrano come il contatto con la contemporanea produzione cremonese costituisca il dato essenziale per comprenderne la crescita pittorica. Si tratta del polittico con la Madonna col Bambino nella parrocchiale di S. Dalmazzo a Quargnento e di quello con l’Incoronazione della Vergine della Pinacoteca di Alessandria, in origine collocato nella chiesa di S. Francesco a Bassignana.

A questa stagione matura appartengono altre opere realizzate da Gandolfino per importanti committenti astigiani, a testimonianza di una fama ormai consolidata e di un ruolo di primo piano assunto nella sua città di origine. Un esempio è costituito dal polittico con al centro l’Adorazione dei magi e ai lati due committenti, identificati come membri della famiglia Cacherano che aveva in quegli anni contatti diretti con la corte del Monferrato. Di notevole qualità appare, poi, la pala con la Madonna in trono e santi posta sul secondo altare della navata sinistra nel duomo di Asti. Di quest’opera si conoscono la data, 1516, e il committente ritratto, Oberto Solaro, personaggio che aveva svolto importanti funzioni amministrative presso la corte di Luigi XII di Francia.

Gandolfino,_Madonna_solaro_Asti

Nel periodo compreso tra marzo e maggio del 1518 risulta una serie di pagamenti all’artista da parte della Confraternita di S. Maria del Sepolcro di Savigliano per l’esecuzione di uno stendardo processionale. Le note minuziose della Confraternita elencano le spese per gli emissari inviati ad Asti a trattare con Gandolfino nonché l’utilizzo da parte di questo di ben 300 fogli d’oro.

All’ultimo periodo di attività del pittore risale la realizzazione del grande polittico con la Madonna col Bambino, la Crocifissione, i Ss. Giovanni Battista, Giulio, Orsola con una donatrice e Eulalia (Torino, Museo civico d’arte antica) posto in origine nel duomo di Asti. In quest’opera la critica riconosce accanto alla mano di Gandolfino, quella di Pietro Grammorseo, un maestro fiammingo noto per la sua attività a Casale Monferrato e in relazione – a partire dall’inizio del terzo decennio del Cinquecento – con la bottega degli Spanzotti. La datazione del polittico deve collocarsi, probabilmente, poco dopo il 1521, anno della donazione da parte di una devota alla cattedrale per la costruzione di una cappella dedicata ai Ss. Giulio e Orsola alla quale era con ogni probabilità destinato il dipinto.

Uno degli ultimi documenti riguardanti il pittore è l’atto, datato 6 luglio 1517, tramite il quale, insieme con il figlio Cristoforo di età minore ai venticinque anni, chiude la società instaurata in precedenza con il mercante di stoffe, attivo ad Asti, Filippo Rusconi.

Non si conosce la data di morte di Gandolfino, che va forse collocata entro il terzo decennio del XVI secolo.
La rilevanza della bottega di Gandolfino è massima ad Asti, ed è testimoniata dalla ricca collezione di sue opere che sono ancor oggi visibili in questa città:

Gandolfino,_lo_sposalizio_Asti

Nel Cuneese, oltre alla predella custodita in san Giovanni ad Alba, va citato il Polittico di San Pietro di Savigliano, l’opera di maggior rilievo all’interno della chiesa. Entro ricca cornice intagliata, raffigurante, nei vari scomparti e nella predella, Madonna con Bambino, Angeli, Annunciazione, Pietà e Santi dipinto  nel 1510. In quest’opera, Gandolfino pare aver superato le precedenti influenze liguri, per avvicinarsi maggiormente alla pittura lombarda conosciuta attraverso i lavori del bresciano Vincenzo Foppa e del Bergognone.

Polittico di san pietro_Savigliano.gif
Bibliografia:

Il tesoro della città. Opere d’arte e oggetti preziosi da palazzo Madama, catalogo a cura di S. Pettenati e G. Romano, Torino 1996

S. Baiocco, Tra Liguria e Lombardia: l’orizzonte di Gandolfino, in Primitivi piemontesi nei musei di Torino, a cura di G. Romano, Torino 1996,

Gandolfino e il Rinascimento nel Piemonte meridionale, a cura di G. Romano, Torino 1998.

 

Macrino d’Alba

La vita e le opere

Macrino apparteneva alla famiglia dei de Alladio ed era nato ad Alba verso il 1460; molti esponenti di questa famiglia compaiono in documenti della storia di Alba del 1400 e del 1500.
Poco sappiamo della sua preparazione artistica, ma è ormai certo che accompagnando il vescovo Andrea Novelli a Roma, venne in contatto con la pittura del Pinturicchio, la sua prima opera conosciuta ed a lui attribuita è la Madonna col Bambino in trono ed i santi Nicola e Martino di Tours, conservata nella Pinacoteca Capitolina di Roma e databile verso il 1492. Tornato ad Alba, ebbe come committenti i marchesi di Monferrato, ordini religiosi e privati cittadini che gli commissionarono diverse opere.
Quando il Macrino firma nel 1501 la tavola della Vergine incoronata, custodita nell’Aula consigliare del Palazzo Comunale, la città di Alba stava conoscendo un periodo fecondo per le arti e le lettere; era tornata la pace dopo le guerre estenuanti tra i vari principi per il possesso del basso Piemonte. Si completavano gli affreschi della chiesa di San Domenico e della Chiesa di San Francesco; il Vescovo Novelli aveva rinnovato la cattedrale ed il coro intarsiato suscitava ammirazione e stupore; la famiglia dei Serralonga svolgeva importanti missioni per i Marchesi di Monferrato, dedicandosi alla raccolta di codici e pergamene, Paolo Cerrato componeva i suoi carmi in versi latini ed erano appena nati Pietrino Belli e Jacopo Mandelli.
Macrino è stato un pittore eminentemente eclettico e straordinario assimilatore di tendenze estetiche che si erano sviluppate a Roma ed in Toscana che hanno dato vita al nostro Rinascimento.

Oltre alla tavola conservata nel Palazzo Comunale, sono del Macrino la pala d’altare custodita nella Chiesa di San Giovanni di Alba e quella dello Sposalizio mistico di Santa Caterina, situata nella chiesa parrocchiale di Neviglie.
Altre opere del Macrino sono conservate nella Galleria Sabauda di Torino, nel vescovado di Tortona, nella Certosa di Pavia, nel Santuario di Crea ed in molti Musei e collezioni private.
Macrino venne ricordato per la prima volta ad Alba nel 1935 con una mostra delle sue opere effettuata nella Sala Consigliare del Palazzo comunale e con una monografia curata dall’architetto Giovanni Oreste Dellapiana. Recentemente, la figura del Macrino è stata studiata ed approfondita da Edoardo Villata e la Fondazione Ferrero ha dedicato al pittore albese un’importante e documentata mostra nel 2001 con il catalogo Macrino d’Alba, protagonista del Rinascimento piemontese, a cura di Giovanni Romano.

 

Biografia

1470 circa: Gian Giacomo de Alladio nasce ad Alba da Giovanni Antonio, di professione notaio. Verrà soprannominato “Macrino” forse per il suo fisico esile e minuto, anche se non ci sono certezze in merito.
Anni ’80: verso la fine del decennio soggiorna a Roma studiando le opere dei diversi maestri attivi all’epoca in città: Pinturicchio, Sandro Botticelli, Perugino, Ghirlandaio.
1492 circa: esegue la sua prima opera nota, la Madonna col Bambino e i santi Nicola e Martino.
1495: dipinge il Trittico con Madonna col bambino e santi ora a Palazzo Madama: si tratta della prima opera sicura, datata e firmata. Nello stesso anno è attestato a Pavia.
1496: per la Certosa di Pavia realizza un polittico con Madonna col Bambino e santi.
1498: è di nuovo in Piemonte dove lavora per la Certosa di Valmanera.
1499: dipinge il Polittico di Lucedio.
1502: torna a Pavia dove lavora di nuovo per la Certosa.
1503: dipinge i ritratti di Guglielmo IX Paleologo, marchese del Monferrato, e della moglie Anna d’Alençon.
1505: per il vescovo di Mondovì, Amedeo di Romagnano, realizza una Madonna in adorazione del Bambino per la cappella di San Solutore nel Duomo di Torino. L’opera oggi è conservata presso la Galleria Sabauda di Torino e fu realizzata sul modello della Madonna in adorazione eseguita due anni prima e attualmente conservata a El Paso in Texas.
1508: esegue la Pala di San Giovanni per l’omonima chiesa di Alba.
1513: risale a quest’anno l’ultima opera importante di Macrino d’Alba, il Matrimonio mistico di santa Caterina, mentre è dello stesso anno la sua ultima opera nota, una Madonna col Bambino conservata in collezione privata.
1526 circa: il pittore si spegne ad Alba.

 

Opere

Autoritratto (1495; Torino, Museo Civico di Palazzo Madama)
Trittico con Madonna col Bambino e Santi (1495; Torino, Museo Civico di Palazzo Madama)
Madonna con Bambino, san Nicola e san Martino (1493 ca.; Roma, Pinacoteca Capitolina)
Madonna con Bambino e santi (1498; Torino, Galleria Sabauda)
Polittico dell’Immacolata Concezione (1494 ca.; Francoforte, Städel Museum)
Polittico della Certosa di Pavia (1496, Certosa)
Polittico di Lucedio (1499; Tortona, Palazzo Vescovile)
Madonna con Bambino e santi (1501; Alba, Palazzo Comunale)
Madonna in Adorazione del Bambino (1505; Torino, Galleria Sabauda)
Madonna in Adorazione del Bambino (1503; Serralunga di Crea, Santuario)

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Madonna in Adorazione del Bambino (1503 ca.; El Paso, Museum of Art)
Polittico di san Francesco: pannello centrale (1506; Torino, Galleria Sabauda)
Pala di San Giovanni (1508; Alba, San Giovanni)
Sant’Ambrogio e san Gregorio Magno (1508 ca.; Torino, Galleria Sabauda)
Ritratto di Guglielmo IX (1503 ca.; Serralunga di Crea, Santuario)
Ritratto di Anna di Alençon (1503 ca.; Serralunga di Crea, Santuario)

Anna d'Alencon Serralunga di Crea

Matrimonio mistico di santa Caterina (1513; Neviglie, chiesa di San Giorgio )

 

La pala di san Giovanni ad Alba

Ad Alba, nella chiesa di San Giovanni Battista, si trova una delle pale d’altare più importanti di Macrino d’Alba, l’Adorazione del Bambino, ma nello stesso edificio è possibile ammirare un’altra affascinante opera la cui attribuzione è però dibattuta: la Madonna col Bambino tra sant’Agostino e santa Lucia.

Un uso familiare tipico dell’epoca in cui visse Gian Giacomo de Alladio, quello di ridurre in nomignoli i difetti di un corpo “smunto, magro ed esile” tanto che egli si guadagnò il soprannome di Macrino.
E proprio là, ad Alba, dove il pittore nacque nel lontano 1470, la chiesa di San Giovanni Battista conserva ancora oggi una delle sue più belle opere, dove la monumentalità di una possente architettura rinascimentale inquadra la scena religiosa che si presenta agli occhi dell’osservatore.

Su di un alto basamento, la Vergine ci appare seduta in trono con in braccio il suo bambino in un’atmosfera calma e pausata dove una mirabile dolcezza chiaroscurale fonde ogni elemento con la natura ed il paesaggio retrostante.
Il suo volto, leggermente inclinato ed impreziosito da un’aureola dorata in ricordo della sua natura umana e divina, è portavoce di un messaggio universale, nel totale adempimento della volontà di Dio creatore.
Piccolo ed esile il Bambin Gesù che in braccio alla madre allunga il suo braccino destro fino a toccare le pagine di un libro che sant’Agostino gli rivolge con devozione ed amore.
Il santo possiede i consueti attributi vescovili e si rivolge al Salvatore con il suo cuore pieno di fede in atteggiamento umile e sereno insieme alla discreta presenza, sul lato opposto, di una santa il cui capo, velato di bianco e circondato da un’aureola dorata fa luce sul severo abito scuro che ella indossa.

Raffinato esponente del rinascimento piemontese, Macrino d’Alba fu portavoce di grafie descrittive tipicamente quattrocentesche che donano a tale composizione un tessuto cromatico ricco e delicato.
Attingendo in modo eclettico all’arte dell’Italia centrale, egli crea un solenne impianto compositivo che ospita le sacre figure descritte con minuziosa severità narrativa. Intelligente ed eclettico, catturò con furbizia le tendenze artistiche che ebbe modo di veder fiorire sotto i suoi occhi durante un percorso artistico che partorì opere spesso recanti la dicitura “Pictor Macrinus natus in Alba” come testimonia il celebre polittico di Lucedio.

E se le opere di Macrino risplendono di mille colori, le parole d’ammirazione di Paolo Cerrato risuonano nei versi del suo De Virginitate:

Extremi subeunt: nonùmque feruntur in orbem
Angelici super astra chori: quis laetior aetas
Virgineos fingit vultus: atque ora venusta:
Quorum etiam in tenera laudares virgine formam.
Nudi omnes: rutilique comas: alisque coruscis
Tecti humeros: tales olim finxisse perennem
Macrini memini dextram: dum vita maneret.

(testo di Ambra Grieco)

L’Incoronata

Alba, Palazzo Comunale

Madonna con il Bambino, San Francesco, Tommaso d’Aquino, due donatrici, Angeli che reggono una corona, Angeli musicanti, 1501, tempera su tavola

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Nel dipinto compare la Madonna seduta in trono, voltata verso sinistra, mentre tiene un libro nella mano sinistra e con l’altra mano sostiene il Bambino; questo è nudo seduto sul ginocchio destro, benedice con la destra e tiene un frutto nell’altra mano; due angeli vestiti depongono una corona sul capo della Vergine, mentre due angeli nudi seduti sul gradino del trono suonano e cantano. A destra troviamo una donna anziana inginocchiata, presentata da san Tommaso d’Aquino, il quale regge un modello di una chiesa appoggiato su di un libro; a sinistra un’altra donna più giovane, sempre inginocchiata, è presentata da San Francesco d’Assisi. Sul gradino del trono vi è un cartello con la firma e la data Macrinus faciebat 1501. La tavola attualmente si trova nel salone consiliare del Municipio di Alba, dove probabilmente è custodita dal 1822, ma non se ne conosce l’originaria collocazione e neppure la committenza, anche se è ipotizzabile una commissione importante data la ricchezza degli abiti e dei gioielli e la solennità della presentazione delle due donatrici, che potrebbero appartenere alla famiglia dei Paleologi, proprio quest’ impostazione così aristocratica è infatti confrontabile con la presentazione di Annibale Paleologo nel dipinto per l’Abbazia di Lucedio. Se quest’ipotesi si rivelasse fondata, la committenza di quest’opera potrebbe essere letta come la volontà politica di creare uno stile paleologo da diffondere nei centri di dominio, si pensi ad esempio al precedente della commissione del Marchese Gugliemo VII del sepolcro per la beata Margherita di Savoia nel 1481 per il Monastero di Santa Maria Maddalena, luogo emblematico nella città di Alba del potere paleologo.

Lo storico Cavalcaselle accenna ad una iniziale ubicazione di questa tavola nella chiesa di San Francesco, ed effettivamente il Santo si trova alla destra della Madonna cioè in una posizione preminente, anche se la presenza di due donne (forse madre e figlia) si spiegherebbe meglio pensando ad un convento femminile e farebbe pensare alla chiesa di Santa Chiara, proprietà del convento di monache francescane. Si potrebbe anche pensare ad una destinazione domenicana per la presenza del San Tommaso D’Aquino, tanto più che alla metà del Settecento é documentato un altare dedicato a San Tommaso nella chiesa di San Domenico ad Alba; ma il modellino retto dal santo domenicano si riferisce semplicemente ad una generica chiesa e sta ad indicare l’attributo di San Tommaso quale dottore della Chiesa, senza rinviare necessariamente ad una determinata chiesa. Il gruppo della Madonna con Bambino e angeli risulta identico a quello che si vede nel polittico dell’Abbazia di Lucedio, infatti Macrino riutilizza gli stessi cartoni; delle somiglianze si possono anche ravvisare fra la figura del San Francesco che presenta la donatrice e il San Bernardo che presenta Annibale Paleologo, invece il San Tommaso d’Aquino si potrebbe ricollegare allo stesso santo dipinto nel trittico del Museo Civico di Torino. Il dipinto di Alba è risolto in uno spazio unificato, affollato di figure disposte secondo una rigorosa simmetria, che non permette una profondità d’immagine e il dispiegarsi di un paesaggio, come di consueto nelle opere dell’albese. Questo spazio chiuso e gremito viene riscattato da un uso virtuosistico del colore, tipico delle opere degli anni di maggior fortuna, che crea effetti vitrei e smaltati attraverso la sua lucentezza ed astrae i personaggi da un contesto naturalistico e li immerge in uno contesto silenzioso e atemporale, degno della ieracità dei personaggi.

(tratto dal sito http://www.centrostudibeppefenoglio.it)

 

Lo sposalizio mistico di Santa Caterina

Neviglie, Parrocchiale di San Giorgio, Sposalizio mistico di Santa Caterina e i santi Giovanni Battista, Francesco, Gerolamo, Vincenzo Ferreri e Maddalena, 1513, tempera su tavola

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Il Bambino Gesù, disteso in grembo sulla madre, si volge verso sinistra per infilare al dito l’anello da sposa a Santa Caterina, la quale é rappresentata in piedi con una mano appoggiata alla ruota dentata, simbolo del supplizio a cui fu sottoposta, sempre in piedi sullo stesso lato troviamo San Giovanni Battista in ginocchio e San Vincenzo Ferreri in piedi. A destra sono rappresentati San Francesco e San Gerolamo in piedi e Maria Maddalena inginocchiata. L’opera è citata da una fonte di fine Settecento su di un altare dedicato alla Madonna del Rosario di patronato dei Marchesi Busca nella chiesa di San Giorgio a Neviglie, dove tuttora è custodita, ma nonostante questa collocazione non si hanno notizie certe sulla committenza. Fleres fu il primo nel 1897 a proporre l’attribuzione a Macrino, proponendo una datazione successiva al 1508, anno del dipinto in San Giovanni ad Alba a cui si può accostare per la luminosità diffusa e morbida e per il disegno addolcito nelle forme dalle precedenti legnosità, mentre Villata, negli ultimi studi effettuati sul pittore, posticipa la datazione all’ultima e involutiva fase della carriera di Macrino. Ancora una volta troviamo il riutilizzo di cartoni di opere precedenti, come per la figura del Bambino, ripresa dalla pala capitolina del 1492, una delle prime opere del pittore. Nello sfondo sono del tutto assenti i riferimenti alle antichità classiche, ma soprattutto manca la creazione di uno spazio nel quale far muovere i personaggi, i quali appaiono come sagome bidimensionali giustapposte una all’altra. Un elemento di regresso è sicuramente riscontrabile nel baldacchino che dovrebbe essere alle spalle della Vergine ed al contrario si trova decisamente arretrato, la Vergine sembrerebbe in piedi, ma un’osservazione più attenta rivela delle sottili nuvole a fare da seggio. Un’impostazione decisamente poco curata, se confrontata con l’impegno prospettico sfoderato in altre occasioni, come, ad esempio, il dipinto del 1498. Queste imperfezioni vengono riscattate da altri particolari di assoluta finezza come il volto della Santa Caterina, definito da soffusi passaggi di luce e la figura del San Gerolamo, con il raffinato dettaglio della mano che regge il sasso; gli altri santi rimangono ad un livello inferiore, in particolare il San Francesco, decisamente scialbo, potrebbe essere opera di un pittore già attivo nella bottega di Macrino per il polittico del 1506 della Galleria Sabauda.

(tratto dal sito http://www.centrostudibeppefenoglio.it)

 

Bibliografia

E.Villata, Macrino d’Alba, Editrice Artistica Piemontese, Savigliano, 2000.
G. Romano, (a cura di), Macrino d’Alba, protagonista del Rinascimento piemontese, catalogo della mostra promossa dalla Fondazione Ferrero (Alba, 20 ottobre-9 dicembre 2001), Editrice Artistica Piemontese, Savigliano, 2001

Giovanni Antonio Molineri

Nacque a Savigliano da Gabriele e Lucrezia Dolce, figlia del pittore Pietro, e fu battezzato il 12 ottobre 1577.

Le fonti seicentesche ricordano un apprendistato presso lo studio dello zio Giovanni Angelo Dolce, figura chiave nella cultura tardomanierista del Piemonte meridionale, e un successivo soggiorno di perfezionamento a Roma, probabilmente a partire dai primi anni del 1600.

Nel 1609, infatti, il Molineri veniva interpellato dal saviglianese Ercole Biga, probabile autore della prima biografia del pittore con la mediazione del giurista e protonotario apostolico Scipione Muratore, al fine di cercare un maestro per il figlio, Giacomo Antonio, futuro architetto. Dalla corrispondenza intercorsa emerge come Molineri si proponesse di offrire ospitalità al giovane. La permanenza a Roma del Molineri è documentata sino al 1615.

Ritornato in patria per risolvere contenziosi relativi all’eredità dello zio Giovanni Angelo, nel 1616 fu di nuovo a Roma per poi fare ritorno a Savigliano entro la fine dello stesso anno. Un documento testimonia, infatti, che il 2 genn. 1617 rogava in Savigliano una procura a nome di Giovanni Francesco Giubarengo per la riscossione di un prestito a favore del pittore caravaggesco Bartolomeo Manfredi.

Il documento ha permesso di confermare un diretto rapporto con ambienti legati al Caravaggio. La critica, a più riprese, ha posto in luce l’adesione a modelli caravaggeschi, seppur mediata da influenze classiciste, specialmente nelle opere eseguite immediatamente dopo il ritorno in patria, come la Madonna con il Bambino e i ss. Giuseppe e Carlo Borromeo (1615-18) e l’Orazione di Gesù nell’orto (1618-19) della chiesa di S. Maria della Pieve di Savigliano, nel quartiere in cui il Molineri aveva fissato la residenza.

Non è emerso, invece, alcun attestato di commissione, né alcuna opera romana del Molineri, né sono stati rintracciati documenti che motivino l’utilizzo del soprannome Carraccino, con chiaro riferimento a un alunnato presso i Carracci a Roma, o eventualmente a Bologna, riportato dalle fonti locali settecentesche e diffuso nei repertori del XIX secolo, sulla base di una ipotetica cronaca manoscritta del monastero benedettino di S. Pietro di Savigliano, per il quale il Molineri eseguì diverse opere tra cui gli affreschi con il Martirio dei ss. Pietro e Paolo, firmati e datati al 1621.

Il 12 dicembre 1618 venne battezzato il primogenito del Molineri, Gabriele.

Dal 1619 è documentata l’attività per la corte torinese, con pagamenti per lavori in palazzo ducale. Negli inventari di corte sono indicati vari dipinti tra i quali è stato rintracciato il Martirio di s. Paolo.

Priva di opere certe è la produzione del Molineri come ritrattista: le uniche testimonianze attendibili sono costituite dalle incisioni eseguite da Giovenale Boetto e dalla lettera encomiastica pubblicata dal letterato di corte e storiografo Valeriano Castiglione.

Controversa per datazione, ma sicura attestazione del credito goduto dal pittore, è la Madonna del Rosario (Reano, parrocchiale di S. Giorgio) per Amedeo Dal Pozzo nelle cui collezioni si trovavano altre opere del Molineri a oggi non identificate. A Torino eseguì il Trasporto di Cristo al sepolcro nella chiesa di S. Dalmazzo, su committenza di Ludovico Tesauro (1623-24).

L’agiatezza raggiunta dal Molineri è certificata, a partire dal 1620, dagli acquisti di terre e di edifici in Savigliano, nei quartieri di Pieve e S. Giovanni, contemporaneamente a una ascesa sociale che lo portò a ricoprire varie cariche comunali. Nel 1620 nacque Lucrezia e nel 1622 Giovanni Battista, cui seguirono Gioannina e Ludovica. Gli anni successivi sono caratterizzati da una continua attività, spesso con il reimpiego degli stessi modelli compositivi e tipologici nelle province di Cuneo e di Torino. In S. Agostino di Carignano il Molineri eseguì tre pale d’altare: Immacolata Concezione, Battesimo di Cristo e S. Nicola da Tolentino. Da quest’ultima deriva la tela per la chiesa agostiniana di S. Giovanni di Alba. Nel territorio della diocesi albese si ricorda la Madonna con il Bambino, i ss. Bernardino da Siena, Carlo Borromeo e due confratelli per la Confraternita di S. Bernardino, risalente al 1620.

Di particolare impegno fu la commissione per la chiesa di S. Sebastiano di Cuneo: tra il 1625 e il 1626 eseguì l’ancona del coro, Cristo crocifisso con i ss. Sebastiano, Rocco e due disciplinanti in orazione (i quadretti laterali e la cimasa con lo Spirito Santo sono perduti) e nel 1628-29 affrescò gli Evangelisti nei pennacchi. Assai simile è il S. Francesco in adorazione del Crocifisso (firmato e datato 1625) dipinto per il convento di S. Caterina di Savigliano (ora in S. Bernardino, Saluzzo).

Nel 1627 eseguì la Deposizione della chiesa di S. Bernardino a Villafranca Piemonte e la Coena Domini in S. Maria della Pieve a Savigliano, su commissione di Petrino Biga, parente di Ercole. Dovette a Scipione Muratore la commissione della Pentecoste in S. Andrea a Savigliano (1629-30). Lo stendardo dipinto per la festa della traslazione da Roma delle reliquie dei santi martiri Benedetto, Giusto e Taddea nel monastero di S. Pietro in Savigliano fu tra le ultime opere eseguite dal Molineri (Castiglione, 1630). Databili tra il 1630 e il 1631 le pale per i cappuccini di Torino e il S. Marziano di Genola. Nell’aprile 1631 il Molineri fece testamento ed era già deceduto il 16 giugno, quando fu stilato l’inventario dell’eredità.

 

Bibliografia

A. Bonino, Giovanni Antonio Molineri di Savigliano, S. Lattes & C. Editori, To., 1930.
L. Mallè, Le Arti figurative in Piemonte, II vol., officine di Villar Perosa, To., 1961.
A. Bonino, Miscellanea artistica della provincia di Cuneo, III vol., Cuneo, 1935.
Figure del barocco in Piemonte. La corte, La città, i cantieri, le province, a cura di G. Romano, To., 1988.
Diana trionfatrice. Arte di corte nel Piemonte del Seicento, a cura di G. Romano, M. Di Macco, Allemandi, 1989.
Battesimo di Gesù

 

Alba, Chiesa di San Giovanni Battista

Sopra l’altare maggiore della chiesa di San Giovanni, incorniciato da una cornice in stucco grigia e rosa, bordata di oro, è collocato il Battesimo di Gesù. Al centro della composizione l’artista rappresenta il momento cruciale del Battesimo, inserendo la mano di Giovanni Battista che versa l’acqua sul capo di Cristo, fermando nel tempo questo gesto di grande sacralità. Gesù, inginocchiando la gamba sinistra su una roccia e con la destra poggiata in acqua, porta le braccia al petto e riceve il battesimo, mentre due donne alle sue spalle assistono alla scena. Le figure di Cristo e di Giovanni Battista sono separate dal fiume Giordano che scorre ai loro piedi, il primo è cinto soltanto di una tunica in vita, mentre il Battista è vestito da un manto rosso dall’ampio panneggio. Il paesaggio retrostante è appena delineato, si intravedono alcuni alberi e un profilo collinare in lontananza, che chiude la composizione. Il cielo è attraversato da nubi grigio scuro e l’atmosfera è intrisa di una luce cupa; a risaltare sono le figure in primo piano, sulle quali cade l’occhio del fedele.

 

Le opere nel Cuneese

San Bernardino Corneliano Alba

 

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Il primo altare a sinistra, riplasmato nel XVIII secolo, è dedicato alla Madonna delle Grazie. Sulla sacra mensa dall’Ottocento è collocata la preziosa tavola dipinta nel 1377 da Barnaba da Modena (di cui abbiamo notizie dal 1361 al 1383), formato in ambiente emiliano, ma per lungo tempo attivo a Genova ed autore di alcune pitture per chiese piemontesi. In quest’opera pittorica, formata a centina, è raffigurata la Madonna col Bambino (o Madonna del latte). Si tratta di un soggetto, trattato come un’icona alla «greca» ancora ricollegabile ad antiche memorie bizantine, che riscosse particolare apprezzamento e diffusione presso gli ordini mendicanti. Il dipinto proviene dalla demolita chiesa albese di S. Francesco d’Assisi. Da molto tempo è oggetto di specifica devozione.

Su una parete laterale, nell’Ottocento erano collocate, scisse in disposizione verticale, le tavole figurate della predella del polittico realizzato nel 1493 da Gandolfino da Roreto, ora visibili correttamente allineate sulla mensa dell’altare maggiore. Invece sono ancor qui osservabili molti ex voto, a testimonianza della persistita devozione popolare; alcuni sono quadretti dipinti fra il 1887 ed il 1928.

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The first altar on the left is dedicated to the Madonna of Graces. The valuable panel painted in 1377 by Barnaba da Modena (active 1361-1383) is positioned on the 19th-century altar table. The artist trained in Emilia but spent many years working in Genoa and is responsible for several paintings produced for Piedmontese churches.

This arched painting depicts the Madonna with Child (also known as the Nursing Madonna). The subject, treated as an icon in the Greek style, recalls ancient Byzantine culture, an appreciation of which was particularly widespread among the mendicant orders. The painting comes from the demolished Alba church of San Francesco d’Assisi, and has been the object of specific worship for some time.

In the 19th century, the figurative panels of the predella of the polyptych painted in 1493 by Gandolfino da Roreto were located on a side wall, arranged vertically. They are now visible, correctly aligned, on the table of the high altar. Many ex-votos can still be seen here instead, testifying to the persistence of popular devotion; some are small pictures painted between 1887 and 1928.

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Quello che dal 1941 risulta dedicato alla monaca agostiniana Santa Rita da Cascia (raffigurata sulla tela dipinta da N. Formica, applicata nel tratto di parete nella nicchia al centro), fino al Settecento era l’altare intitolato a Santo Stefano protomartire. Dal 1828 era consacrato ai Santi Giulio ed Anna (madre di Maria Vergine) ed affidato alla Compagnia laica dei mastri muratori.

All’intitolazione ottocentesca di questo altare laterale va ricollegata la pala seicentesca (con la successiva aggiunta dell’immagine del santo sacerdote, patrono dei lavoratori edili), da molto tempo collocata nel presbiterio. Ma anche questa venne sostituita sulla mensa con un quadro nel quale erano rappresentati entrambi i venerabili titolari, a sua volta ricambiato nel 1886 con una pittura su tela dov’era dipinta la sola Sant’Anna. Di quest’ultima è rimasta visibile soltanto l’elegante cornice in legno dorato.

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Since the 1950s, this altar has been dedicated to the Augustinian nun Saint Rita of Cascia (depicted on the canvas attached to the section of wall in the central niche), but until the 18th century it was dedicated to Saint Stephen Protomartyr.

From 1828 it was consecrated to Saint Julius and Saint Anne (the Virgin Mary’s mother) and entrusted to the Lay Company of Master Builders. The 17th-century altarpiece (with the later addition of the holy priest, the patron saint of construction workers), long located in the presbytery, can be linked to the 19th-century dedication of this side altar.

But this was also replaced on the altar table by a painting showing only the two venerable dedicatees, later replaced itself in 1886 by a painting on canvas showing only Saint Anne. All that can still be seen of this latter work is the elegant gilded wood frame.

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Fino all’Ottocento questo altare laterale era di patronato della famiglia albese Cantone, ma almeno dal 1872 viene trasferito alla famiglia Biglino. Sulla mensa è ben visibile una cinquecentesca ancona in legno dipinto e dorato, di gusto tardo-manierista. Fa da cornice ad una grande tavola lì adattata, eseguita a tempera, firmata e datata in un’iscrizione apocrifa sotto il manto di Maria Vergine: «MACRINVS FACI.T 1508». Com’è evidente, si tratta di un’opera del celebre artista rinascimentale Macrino d’Alba (notizie dal 1495 al 1513, già morto nel 1528). Nel dipinto, su uno sfondo di rovine classiche, sono raffigurati la Madonna in adorazione del Bambino, San Giuseppe, San Nicola da Tolentino, Sant’Agostino vescovo, San Gerolamo ed angeli musicanti. Non è del tutto nota l’originaria destinazione dell’opera pittorica (forse dapprima realizzata in forma centinata), però vi si notano chiaramente le figure dei venerabili privilegiati dagli Agostiniani, i quali, oltre alla datazione, fanno ritenere la sua provenienza dalla chiesa di S. Bartolomeo del convento albese di S. Maria della Consolazione. Il monastero era ubicato fuori città; ma, in rovina per accadimenti bellici, venne abbandonato dai padri eremitani nel 1556 per trasferirsi in questo complesso ecclesiale.

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Until the 19th century this side altar was under the patronage of Alba’s Cantone family, but by 1872 it had been transferred to the Biglino family. A 16th-century Late-Mannerist-style altarpiece in painted and gilded wood can still be seen on the altar table. It serves as a frame for a large panel, adapted to the space and painted in tempera, signed and dated under the Virgin Mary’s mantle with an inscription of doubtful authenticity: “Macrinvs faci.t 1508”. This is clearly a work by the celebrated Renaissance artist Macrino d’Alba (active 1495-1513, dead by 1528).

The painting shows the Madonna adoring the Child, Saint Joseph, Saint Nicholas of Tolentino, Saint Augustine the bishop, Saint Jerome and music-playing angels against a background of classical ruins.

The original destination of the picture (which might have initially had an arched shape) is not entirely clear. However, it clearly features the venerables favoured by the Augustinians, which, in addition to the dating, suggests that it came from the church of San Bartolomeo at the religious house of Santa Maria della Consolazione in Alba. The abbey was located outside the city, but after war left it in ruins, in 1556 the Hermits of Saint Augustine abandoned it and moved to this ecclesiastical complex.

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L’altare laterale della Madonna del Carmine, seppur dal 1886 privo della sacra mensa, è contraddistinto dalla grande nicchia al centro della parete dov’è inclusa la settecentesca statua mariana. La notevole scultura barocca d’autore ignoto, in legno dipinto e dorato, è pure utilizzata per la processione che annualmente si svolge in occasione della festività di Maria Vergine del Carmelo (istituita nel XIII secolo).

Sulla parete laterale a sinistra è visibile la pala seicentesca, d’impianto tardo-manierista, nella quale sono raffigurati la Madonna col Bambino (Madonna del Carmine), i Santi Elia, Simone Stock (?), Francesco d’Assisi e Carlo Borromeo. È opera di un pittore d’ambito del noto Moncalvo (il maestro Guglielmo Caccia, deceduto nel 1625), che l’avrebbe dipinta su tela verso il 1628, l’anno in cui viene ufficialmente riconosciuta la Compagnia di Maria Vergine del Carmine. Originariamente l’opera era collocata sulla mensa su cui si officiava in questo altare laterale.

Sulla parete del lato destro è posizionato un seicentesco dipinto su tela, donato alla chiesa nel 1992. Vi sono raffigurati San Giovanni Battista nel deserto ed un angelo. L’opera è attribuita al lombardo Giuseppe Doneda (o Danedi) detto Montalto (1609 – ca. 1678-1679). Fino al 2003 era conservata in sacrestia.

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Though the altar table has been missing from the side altar of the Madonna of Mount Carmel since 1886, it is still distinguished by the large niche in the middle of the wall in which the 18th-century statue of Mary is set. This notable baroque sculpture in painted and gilded wood, by an unknown sculptor, is used for the procession held annually in honour of the Virgin Mary of Mount Carmel as part of the celebration first established in the 18th century.

The 17th-century altarpiece can be seen on the side wall to the left, in Late Mannerist style, depicting the Madonna with Child (Madonna of Mount Carmel) and the saints Elijah, Simon Stock (?), Francis of Assisi and Charles Borromeo. It is the work of a painter from the circle of the famed Moncalvo (the master Guglielmo Caccia, who died in 1625), who would have painted it on canvas in around 1628, the year in which the Company of the Virgin Mary of Mount Carmel was officially recognized. The work was originally positioned on the table where the priest would officiate at this side altar.

A 17th-century painting on canvas has been hung on the right-hand wall for some years now. It was donated to the church in 1992 and shows Saint John the Baptist in the desert and an angel. The work is attributed to Giuseppe Doneda (or Danedi), known as Montalto (1609–c.1678-1679), from Lombardy. Until 2003 it was kept in the sacristy.

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Al centro della parete di fondo, soprastante al coro, è la grande pala (olio su tela) dov’è rappresentato Il battesimo di Cristo. Dall’Ottocento appare inclusa ed adattata in una più ampia, composita cornice centinata, a mo’ di ancona, fortemente sporgente (proveniente dalla chiesa di S. Francesco). Il pregevole dipinto è opera del saviglianese Giovanni Antonio Molineri (1577-1631), realizzato per questa parrocchiale nel terzo decennio del Seicento su committenza degli Agostiniani. La scena è colta con sobria, forte naturalezza, ma pure con evidenti modalità post-caravaggesche.

In alto, sulla parete di fondo della chiesa, è visibile il trittico  eseguito in pittura murale nel 1887 da Paolo Gaidano (1861-1916), poirinese di nascita però attivo a Torino. Vi sono abilmente raffigurati, con modalità tradizionali, la Madonna col Bambino, Santa Teresa d’Avila, San Francesco d’Assisi e, ai lati, due Angioletti.


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Al centro, sulla mensa dell’altare maggiore (realizzato nel 1894 su precedente progetto dell’ing. Cesare Fantazzini di Torino), sono ben visibili cinque tavole dipinte a tempera, disposte orizzontalmente.

Queste opere pittoriche (nell’Ottocento collocate su una parete dell’altare laterale della Madonna delle Grazie e nel secolo scorso montate in una singolare cornice a forma di croce visibile nel settore absidale) facevano parte della predella di un pregevole polittico che da molto tempo è osservabile nella Galleria Sabauda di Torino.

Tale polittico risulta eseguito nel 1493 dall’astigiano Gandolfino da Roreto (documentato tra il 1493 ed il 1518) per l’albese chiesa di S. Francesco d’Assisi. Nei pannelli ricomposti sono raffigurati Cristo e gli Apostoli, con modalità memore della tradizione ligure-provenzale.


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Sulla parete a sinistra è collocato il dipinto cinquecentesco che, in questa chiesa, originariamente era posizionato sulla mensa laterale di S. Lucia e S. Nicolò (ubicata dove attualmente è il fonte battesimale). Vi sono raffigurati la Madonna col Bambino, Sant’Agostino (o San Nicola vescovo) e Santa Lucia martire sullo sfondo di edifici classici. Non è chiara la sua provenienza: dal convento agostiniano di S. Maria della Consolazione ad Alba (abbandonato dai monaci nel 1556) oppure dalla scomparsa chiesa albese di S. Nicolao. L’opera pittorica, d’autore ignoto di probabile ambito macriniano (forse lo stesso della pala «della Consorzia» già in cattedrale ed oggi nel palazzo comunale), è riferibile al primo quarto del XVI secolo.

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In the centre, on the table of the main altar (made in 1894 based on a previous design by Turinese engineer Cesare Fantazzini), can be seen five tempera-painted panels, arranged horizontally.

These pictures, which in the 19th century were located on a wall of the side altar of the Madonna of Graces, and in the following century were mounted in a single cross-shaped frame visible in the apse, were part of the predella of a prized polyptych which for a long time has been on display at the Galleria Sabauda in Turin.

This polyptych seems to have originally been executed by the Asti artist Gandolfino da Roreto (documented from 1493 to 1518) in 1493 for Alba’s abbey of San Francesco d’Assisi, demolished in 1814. The recomposed panels show Jesus Christ and the Apostles, in a style that recalls the Ligurian-Provençal tradition.


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In the middle of the back wall, above the choir, is the large altarpiece (oil on canvas) showing the Baptism of Jesus Christ. It seems as though in the 19th century it was included and adapted into a larger, composite, arched frame, similar to an ancona, protruding significantly (from the demolished Alba church of San Francesco d’Assisi). This important work was painted by the Savigliano artist Giovanni Antonio Molineri (1577-1631) for this parish in the third decade of the 17th century, commissioned by the Augustinians. The scene is captured with a simple, strong naturalness, though with clear post-Caravaggesque touches.

High up on the back wall of the church can be seen the triptych mural painted in 1887 by Paolo Gaidano (1861-1916), a Poirino native who was active in Turin. Using a traditional style, he has skilfully depicted the Madonna with Child, Saint Teresa of Avila, Saint Francis of Assisi and, to the sides, two cherubs.


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On the wall to the left hangs the 16th-century painting which in this church was originally positioned on the side altar table of Saint Lucy and Saint Nicolò (located where the baptismal font currently is). It shows the Madonna with Child, Saint Augustine (or Saint Nicholas the bishop?) and Saint Lucy the martyr against a background of classical buildings. The provenance is not clear; it comes either from the Augustinian abbey of S. Maria della Consolazione in Alba (abandoned by the monks in 1556) or from Alba’s S. Nicolao church, which no longer exists. The painting is datable to the first quarter of the 16th century. The unknown artist was probably from the circle of Macrino d’Alba, and was perhaps also responsible for the altarpiece “della Consorzia”, formerly in the cathedral and now in the town hall.

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Nel settore destro del presbiterio, contro la parete, è visibile un sedile intagliato in legno di noce, ricavato da elementi del perduto coro quattrocentesco della chiesa conventuale di S. Francesco d’Assisi. Commissionato dal francescano fra Marco da Sommariva, venne realizzato nel 1429 dallo scultore pavese Urbanino da Surso (c. 1380-1461/1463). Nei bassorilievi sono raffigurati il sogno di papa Innocenzo III, la Natività di Gesù con l’arrivo dei Magi e vari Santi, con motivi decorativi e simbolici.

Nel sovrastante grande quadro a olio su tela sono raffigurati Gesù Bambino (o Toniolo), San Giuseppe, la Madonna, l’Angelo custode, il Padre Eterno, lo Spirito Santo e San Giulio. Quasi tutta l’opera, riferibile ai modi del cheraschese Sebastiano Taricco (1641-1710), risale a un periodo tra il tardo Seicento e gli inizi del Settecento, tranne la figura del Santo protettore dei muratori, aggiunta ottocentesca per adattarla all’intitolazione dell’altare.

L’antico Crocifisso processionale, in legno dipinto, risale ai primi decenni del secolo XVI. D’autore ignoto, è opera di pregio, ma con integrazioni successive.

Sono seicenteschi i due quadri appesi alle pareti laterali sul coro, in cui sono raffigurati Santi e Beati, fra i quali i tutelari della città. Sulle tele sono rappresentati gli stemmi dei committenti, il vescovo Vittorio Nicolino Della Chiesa (presule ad Alba dal 1667 al 1691) e la famiglia Como.

 

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In the right-hand section of the presbytery, against the wall, can be seen a seat made from carved walnut wood, made from pieces of the now-lost 15th-century choir from Alba’s abbey of San Francesco d’Assisi, demolished in 1814.

The old choir, commissioned by the Franciscan brother Marco da Sommariva, was made in 1429 by a sculptor from Pavia, Urbanino da Surso (c.1380–1461/1463). The bas-reliefs reassembled here (between the backrest and the part below) show the dream of Pope Innocence III, the Nativity with the arrival of the Magi and various saints, mixed in with decorative and symbolic motifs.


Above the seat is a large oil painting on canvas, which in the 19th century was positioned on a side altar table, dedicated to Saint Julius and Saint Anna, at the time under the patronage of the Company of Master Builders. Before then it was positioned in the side altar of the Guardian Angel. In the painting, which was replaced by another from 1822, we can see Baby Jesus (or Toniolo?), Saint Joseph, the Virgin Mary, the Guardian Angel, the Eternal Father, the Holy Ghost and Saint Julius. Almost the entire work, in the style of Cherasco painter Sebastiano Taricco (1641-1710), dates to a period between the late 17th and the early 18th century, except for the figure of the patron saint of builders, who seems to be a 19th-century addition to adapt it to the dedication of the aforementioned altar.


The antique processional crucifix in painted wood dates from the first decades of the 16th century. By an unknown artist, it is a work of great value, but with subsequent integrations. Two paintings, hung from the side walls on the choir,  date instead from the 17th century, and depict various Saints and Blesseds, including the protectors of the city. The paintings, on canvas, also show the coats of arms of the patrons, Vittorio Nicolino Della Chiesa, the bishop in Alba from 1667 to 1691, and the distinguished Como family.

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Questo altare in origine era dedicato a S. Onorato, poi a S. Giobbe. Dal 1822 spettava alla Società dei Filanti da seta, un sodalizio correlato alla chiesa di S. Giovanni in riferimento al mercato dei bozzoli e dei bachi da seta che si svolgeva nella piazza antistante.

Alla committenza di tale consorzio professionale si deve la pala sulla mensa, eseguita nel 1823 dal pittore saviglianese Giuseppe Chiantore (1747-1824). Sulla tela centinata è raffigurato Giobbe in disgrazia. Il sottostante complesso ligneo e vetrato dei confessionali è stato collocato nel 1886.

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This altar was originally dedicated to Saint Honoratus, then to Saint Job. From 1822 it was under the patronage of the Society of Silk Spinners, a society connected to the church of S. Giovanni due to the cocoon and silkworm market held in the square in front of the church.

The altarpiece on the table, painted in 1823 by the Savigliano artist Giuseppe Chinantore (1747-1824) was commissioned by this professional association.

The arched canvas shows the suffering of Saint Job. The wood-and-glass confessionals underneath were installed there in 1886.

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Dalla seicentesca ricostruzione della chiesa fino al 1821 questo altare laterale era dedicato a San Michele arcangelo e spettava alla famiglia Picco. Dal 1822 al 1872 risulta intitolato a San Francesco di Sales e di patronato della nobile famiglia Deabbate. Dal 1872 al 1933 a tale dedicazione vengono aggiunte quelle al Sacro Cuore di Gesù e a Santa Teresa d’Avila (già raffigurata nella pala d’altare). Poi ancora sono sovrapposte le intitolazioni alla Madonna del Carmine e a San Francesco d’Assisi. Ma è la dedicazione ottocentesca dell’altare al santo vescovo e dottore della Chiesa, protettore di scrittori e giornalisti, ad essere prevalente.

Sulla sacra mensa è esposta una grande pala centinata, nella quale sono raffigurati San Francesco di Sales, Santa Teresa d’Avila ed angeli. D’autore ignoto e dipinta su tela nell’ultimo ventennio del XVII secolo, parzialmente ritoccata agli inizi degli anni ’20 dell’Ottocento, l’opera risulta acquistata verso il 1822 dall’erudito conte Vincenzo Deabbate («Patrizio d’Alba Pompeia natio di Cuneo») per questo altare.

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Between the 17th century renovations and 1821 this side altar was dedicated to Saint Michael the Archangel and was under the patronage of the Picco family. From 1822 to 1872 it seems to have been dedicated to Saint Francis de Sales and been under the patronage of the noble Deabbate family, who inherited it from the previous patrons.

From 1872 to 1933 it was also dedicated to the Sacred Heart of Jesus and to Saint Teresa of Avila (already depicted in the altarpiece). Dedications to the Madonna of Mount Carmel and Saint Francis of Assisi were also added. But originally it was the 19th-century dedication of the altar to the bishop saint and Doctor of the Church, protector of writers and journalists, that prevailed.

A large arched altarpiece is displayed on the altar table, showing Saint Francis de Sales, Saint Teresa of Avila and angels. By an unknown artist, it was painted on canvas in the last two decades of the 17th century and partially retouched in the early 1820s. It seems the work was acquired around 1822 by the erudite count Vincenzo Deabbate (Patrizio d’Alba Pompeia natio di Cuneo, “from Alba Pompeia, born in Cuneo”) for this side altar.

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Fino al 1821 questo altare laterale era dedicato all’Angelo Custode (con propria pala seicentesca, ora visibile nel presbiterio). Dal 1822 al 1832 risulta intitolato ai Santi Pietro apostolo ed Eligio vescovo. Poi, dal 1832 al 1886 la dedicazione viene cambiata in quella a San Gioachino; nel 1886 viene aggiunta quella a Santa Zita (protettrice delle domestiche e dei fornai). Nel 1934 vi viene inclusa l’intitolazione (divenuta prevalente) al Sacro Cuore di Gesù, trasferendovi pure la relativa statua ottocentesca dall’altare laterale di S. Francesco di Sales.

Dal 2016 su una parete laterale è osservabile il dipinto su tela dov’è rappresentata la Cena in Emmaus. L’opera, una donazione privata del secolo scorso, è siglata «GAM» e datata 1629. Pertanto viene attribuita all’artista saviglianese Giovanni Antonio Molineri (1577-1631).

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Until 1821 this side altar was dedicated to the Guardian Angel (with its own 17th-century altarpiece, now visible in the presbytery). From 1822 to 1832 it was dedicated to Saint Peter the Apostle and Saint Eligius the bishop. From 1832 to 1886 the dedication was changed to Saint Joachim, and in 1886 Saint Zita, the protector of housemaids and bakers, was added.

In 1934 the dedication to the Sacred Heart of Jesus, which later prevailed, was added, with the related 19th-century statue transferred here from the side altar of Saint Francis de Sales.

Since 2016, a canvas showing the Supper at Emmaus has been on display on the side wall. The work, a private donation from the last century, is signed “GAM” and dated 1629, and has been attributed to the Savigliano artist Giovanni Antonio Molineri (1577-1631).

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Questo settore laterale della chiesa è stato totalmente trasformato nel 1939, su progetto dell’architetto albese Giovanni Oreste Dellapiana. Ora, in particolare, si nota centralmente il marmoreo fonte battesimale del 1939.

Sopra, sulla parete, è ben visibile un gruppo scultoreo in terracotta realizzato dal torinese Virgilio Audagna (1903-1995). L’opera rappresenta, in modo convenzionale, il Battesimo di Cristo.

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This side section of the church was completely transformed in 1939, based on a design by the Alba architect Giovanni Oreste Dellapiana. Initially, this was the location for the side altar of Saint Lucy and Saint Nicolò, which was under the patronage of the Verri della Bosia counts, then the Parucca family and, at least from 1872 on, the Raineri family.

The 16th-century painting from the circle of Macrino d’Alba, showing the Madonna with Child amidst Saint Augustine (or Saint Nicholas the bishop?) and Saint Lucy the martyr, was displayed here. For some time it has been on display in another part of the church.

Now, in particular, here one can see the marble baptismal font from 1939. Above, on the wall, is a sculpted group in terracotta, by the Turinese artist Virgilio Audagna (1903-1995). The work represents the Baptism of Jesus Christ, depicted in a conventional style.

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L’attuale controfacciata della chiesa in realtà corrisponde alla parete di fondo della medievale sede di culto, le cui prime attestazioni documentarie sono del XIII secolo. In effetti, il suo asse longitudinale a quel tempo aveva l’orientamento canonico, ovvero il presbiterio ed il settore absidale posizionati verso est, la facciata volta ad ovest.

Risalgono ad epoca medievale i frammenti di affreschi intravedibili con difficoltà, nascosti dalla tribuna dell’organo, riscoperti nel 1989. Stilisticamente, secondo alcuni studiosi, i frammenti a fresco richiamano talune caratteristiche di certa pittura francese della prima metà del Trecento.

L’organo a canne sulla cantoria è stato collocato nel 1876; è opera dei fratelli organari Francesco e Vittorio Vittino di Centallo.

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The current counterfaçade of the church actually corresponds to the back wall of the medieval house of worship, whose first documentary evidence dates from the 13th century (1229, 1233, 1250, 1253). Indeed, at that time its longitudinal axis had the canonical orientation, with the presbytery and the apse positioned towards the east and the façade facing west. The fragments of frescoes hidden behind the organ gallery, which can only be seen with difficulty, date from the medieval period. They were rediscovered in 1989. Behind the handrail, along the flight of steps that leads to the organ loft, can be seen two well-defined female figures, not particularly large. In the same section, to the left, can be seen the standing figure of a saint (Saint John the Evangelist), much higher than the two women. On the other part of the wall, hidden behind the wooden structure holding the pipes and bellows, it is possible to partially see another standing saint (Saint John the Baptist), inside a decorative frame. They are positioned symmetrically at the sides of what was probably a complete pictorial composition, originally entirely visible to the faithful as they faced the main altar. Stylistically, some experts believe that the fresco fragments recall certain characteristics of some French painting from the first half of the 14th century. There are similarities with the expressive methods of the so-called “Maestro di San Nicola”, the anonymous fresco painter who worked in the church of S. Andrea in Savigliano, in Savigliano’s old town hall and in a private home, also in Savigliano. The linear Gothic of the fragments in this church, as well as some affinities with the painted wooden ceiling in Alba’s Palazzo Serralunga (from the Angevin period), suggest a possible dating to the third decade of the 14th century. The pipe organ was installed in the organ loft in 1876. It was the work of two organ-making brothers from Centallo, Francesco and Vittorio Vittino.


Associazione culturale San Giovanni
Piazza Pertinace 4, 12051 Alba
CF 90044700046


Crediti